La dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico, comunemente chiamata “DiCo”, è il documento con cui l’impresa installatrice attesta che l’impianto è stato realizzato a regola d’arte, nel rispetto del decreto ministeriale 37/2008 e delle norme tecniche applicabili. Non è un pezzo di carta simbolico: racconta chi ha eseguito i lavori, su che cosa è intervenuto, quali materiali ha usato, quali verifiche ha svolto e, quando serve, allega il progetto e gli schemi. Sapere quando è obbligatoria significa muoversi con sicurezza tra pratiche edilizie, richieste di agibilità, allacci e aumenti di potenza, controlli nei luoghi di lavoro e, più in generale, tra i tanti momenti in cui un impianto passa da un’idea o da un cantiere a un uso quotidiano e sicuro. Questa guida spiega il perimetro di applicazione della DiCo, i casi in cui è sempre richiesta, quelli in cui non lo è, le situazioni particolari in ambito domestico e condominiale, nei luoghi di lavoro, per impianti speciali come fotovoltaici e colonnine di ricarica, e come comportarsi se il documento manca o è andato smarrito.
Indice
- 1 Che cos’è la DiCo e chi la rilascia
- 2 Quando è obbligatoria per legge
- 3 Quando non serve e cosa si intende per manutenzione ordinaria
- 4 La DiCo nelle pratiche edilizie e nell’agibilità
- 5 Compravendite e locazioni: che cosa cambia
- 6 Parti comuni condominiali e impianti centralizzati
- 7 Impianti speciali: fotovoltaico, ricarica EV, pompe di calore
- 8 Luoghi di lavoro e verifiche DPR 462/2001
- 9 Progetto, responsabilità e quando serve il professionista
- 10 Se la dichiarazione manca o è smarrita
- 11 Agibilità, allacci e aumenti di potenza
- 12 Bonus, incentivi e cessioni del credito
- 13 Conclusioni
Che cos’è la DiCo e chi la rilascia
La DiCo nasce con la legge 46/1990 ed è stata ridefinita dal DM 37/2008, che regola l’installazione degli impianti negli edifici. La rilascia l’impresa abilitata che ha realizzato l’impianto o l’intervento, al termine dei lavori e dopo aver eseguito le verifiche di sicurezza previste dalle norme CEI. Non è una dichiarazione generica, ma un modello ministeriale che contiene i dati dell’impresa e del responsabile tecnico, l’indirizzo dell’immobile, la descrizione dell’impianto o delle sue parti, le norme applicate, l’elenco dei materiali principali e degli eventuali dispositivi differenziali e magnetotermici, gli esiti delle misure e delle prove effettuate. Se l’intervento ha richiesto un progetto redatto da un professionista iscritto all’albo, il progetto si allega; se il progetto è interno perché consentito, si allegano gli schemi. La dichiarazione deve essere consegnata al committente e, nei casi previsti, depositata allo sportello unico per l’edilizia del Comune.
Quando è obbligatoria per legge
La DiCo è obbligatoria ogni volta che si realizza un impianto nuovo e ogni volta che si interviene in modo sostanziale su un impianto esistente, andando oltre la semplice manutenzione ordinaria. La regola è chiara nella sua semplicità: quando si costruisce ex novo un impianto elettrico in un edificio nuovo o in un’unità immobiliare frutto di frazionamento o accorpamento, l’installatore, al termine, deve rilasciare la dichiarazione di conformità. Lo stesso vale quando si rifà integralmente un impianto obsoleto, quando si amplia un impianto aggiungendo nuovi circuiti o quadri, quando si spostano in modo significativo prese e punti luce con modifica dei circuiti, quando si sostituiscono quadri elettrici con nuovi apparecchiature e protezioni o quando si interviene su sistemi collegati come l’impianto di messa a terra o di protezione contro le scariche atmosferiche. Anche gli impianti “speciali”, come quelli di automazione cancelli, di rilevazione incendi, di cablaggio strutturato, di climatizzazione e di produzione da fonti rinnovabili, sono compresi dal DM 37/2008 e richiedono la propria dichiarazione di conformità a fine lavori.
Ci sono contesti in cui la DiCo non è solo richiesta al termine dell’intervento, ma diventa prerequisito per altri adempimenti. Per ottenere l’agibilità o la segnalazione certificata di agibilità, al termine di una nuova costruzione o di una ristrutturazione che comporta l’installazione o la trasformazione degli impianti, occorre allegare le dichiarazioni di conformità degli impianti realizzati. Per la messa in esercizio di un nuovo punto di prelievo o per l’aumento di potenza su alcuni tipi di forniture, i distributori possono chiedere copia della DiCo o, per impianti datati, dichiarazioni di adeguatezza. Per attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco, la SCIA antincendio deve essere supportata anche dalle dichiarazioni di conformità degli impianti elettrici e dei sistemi di sicurezza, perché senza di esse l’attività non può dimostrare il rispetto delle misure richieste.
Nei luoghi di lavoro, la DiCo è il documento che certifica l’esecuzione a regola d’arte dell’impianto; il datore di lavoro, in base al D.Lgs. 81/2008, deve assicurare che gli impianti siano conformi e mantenuti in efficienza. Per gli impianti di messa a terra e di protezione contro i fulmini, il DPR 462/2001 prevede una comunicazione di messa in servizio corredata dalla dichiarazione di conformità e successive verifiche periodiche da parte di organismi abilitati. In questo quadro, la mancanza della DiCo non è un mero vizio formale, ma una carenza che può comportare responsabilità, sanzioni e problemi con le assicurazioni.
Quando non serve e cosa si intende per manutenzione ordinaria
Non è necessario produrre una nuova dichiarazione di conformità per ogni piccola sostituzione o riparazione. Gli interventi di manutenzione ordinaria, come il cambio di una presa, la sostituzione di un interruttore con uno equivalente, il rimpiazzo di un apparecchio di illuminazione senza modificare il circuito, non richiedono DiCo. Il confine è nella sostanza: se l’intervento non altera le caratteristiche dell’impianto, non introduce nuovi circuiti, non modifica il quadro di protezione e non cambia l’assetto dei conduttori fissi, rientra nell’ordinaria manutenzione. Appena si va oltre, per esempio spostando prese e punti luce con rifacimento delle linee, aggiungendo differenziali e interruttori nel quadro, realizzando nuove dorsali per alimentare ambienti ampliati, si entra nel campo della straordinaria manutenzione e, con essa, nell’obbligo di DiCo. È una distinzione che ha un senso pratico, perché nessuno vuole appesantire la quotidianità con burocrazia inutile, ma la sicurezza impone formalità quando si toccano parti vitali dell’impianto.
La DiCo nelle pratiche edilizie e nell’agibilità
Ogni intervento edilizio che comporti l’installazione o l’adeguamento degli impianti comporta anche il rilascio e il deposito delle relative dichiarazioni di conformità. In una CILA, in una SCIA o in un permesso di costruire, l’asseverazione del tecnico indica che gli impianti saranno eseguiti da imprese abilitate ai sensi del DM 37/2008 e che al termine saranno depositate le DiCo. Quando si presenta la segnalazione certificata per l’agibilità, il proprietario o il tecnico asseverano che l’edificio o l’unità immobiliare sono conformi, allegando, tra l’altro, le dichiarazioni di conformità degli impianti realizzati. È una filiera logica: nessuna agibilità senza impianti eseguiti e documentati a regola d’arte. Anche nelle varianti e nei collaudi parziali, la disponibilità delle DiCo è il tassello che consente di chiudere la pratica.
Compravendite e locazioni: che cosa cambia
Nel passaggio di proprietà di un immobile non esiste un obbligo generale di consegnare la DiCo a pena di nullità dell’atto, né un obbligo legale di “impianti a norma” in senso generico. Tuttavia il venditore è tenuto a dichiarare lo stato dell’immobile e degli impianti e la prassi notarile ha creato formule che evitano equivoci e responsabilità future. La presenza della DiCo per impianti rifatti dopo il 2008 è un elemento di qualità e rassicura acquirente e finanziatore. Se la DiCo non c’è perché l’impianto è antecedente, si può dichiarare l’assenza del documento e la vetustà dell’impianto, eventualmente affiancando la vendita con una verifica tecnica. Nel contratto di locazione, il locatore ha l’obbligo di consegnare l’immobile in buono stato e idoneo all’uso pattuito: in pratica deve assicurare che l’impianto sia sicuro e funzionale; la DiCo aiuta a dimostrarlo per interventi recenti, mentre per impianti vecchi può essere prudente effettuare un controllo da parte di un elettricista abilitato e intervenire prima della consegna.
Parti comuni condominiali e impianti centralizzati
Le parti comuni degli edifici, come scale, cortili, garage, locali tecnici, richiedono impianti elettrici per illuminazione, cancelletti, pompe, ascensori e simili. Quando il condominio realizza, rifà o modifica questi impianti, l’impresa incaricata deve rilasciare la DiCo, che l’amministratore è tenuto a conservare e a esibire in caso di controlli o richieste. Anche qui vale la distinzione tra piccoli interventi di manutenzione ordinaria e modifiche sostanziali; pulizia dei contatti o sostituzione lampade non richiede DiCo, la sostituzione di un quadro, di una dorsale, l’installazione di nuovi corpi illuminanti con rifacimento linee la richiede. In molti contesti condominiali la dichiarazione è necessaria anche per lo svolgimento di pratiche antincendio o per l’attivazione di nuove forniture centralizzate.
Impianti speciali: fotovoltaico, ricarica EV, pompe di calore
Gli impianti di produzione da fonti rinnovabili collegati all’impianto elettrico dell’edificio sono a tutti gli effetti impianti soggetti al DM 37/2008 e richiedono una dichiarazione di conformità per la parte realizzata dall’installatore. Un impianto fotovoltaico residenziale connesso in scambio sul posto ha la sua DiCo per i quadri, gli inverter, le protezioni e i collegamenti lato AC; in parallelo, la pratica di connessione al distributore e gli adempimenti verso GSE richiedono altri moduli, ma la DiCo resta il documento di conformità impiantistica. Analogamente, l’installazione di una colonnina o wallbox per la ricarica dei veicoli elettrici comporta modifiche e aggiunte all’impianto e si chiude con la DiCo, spesso con allegata una relazione tecnica del prodotto. Le pompe di calore connesse elettricamente seguono lo stesso schema: se l’installazione ha comportato rifacimenti o nuove linee dedicate e quadretto, l’installatore deve rilasciare dichiarazione.
Luoghi di lavoro e verifiche DPR 462/2001
Nei luoghi di lavoro la conformità dell’impianto non è solo una buona pratica, ma un obbligo del datore di lavoro. La DiCo rilasciata dall’installatore al termine di un nuovo impianto o di modifiche sostanziali è la base documentale per avviare, con la piattaforma CIVA, la comunicazione di messa in servizio degli impianti di messa a terra, di protezione contro le scariche atmosferiche e, dove presenti, degli impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione. Dopo la messa in servizio, scattano le verifiche periodiche da parte di organismi abilitati. In mancanza della DiCo, non solo la comunicazione non può essere effettuata correttamente, ma si apre un fronte di rischio in termini di responsabilità in caso di infortuni o incendi.
Progetto, responsabilità e quando serve il professionista
Il DM 37/2008 distingue tra impianti che possono essere realizzati dall’impresa con progetto interno e impianti che richiedono un progetto redatto da un professionista iscritto all’albo, come un ingegnere o un perito industriale. Per gli impianti elettrici al servizio di unità immobiliari ad uso civile, il progetto professionale è obbligatorio quando la superficie supera certe soglie o quando si supera la potenza impegnata, quando vi sono locali medici, luoghi a maggior rischio in caso di incendio, edifici civili con carichi specifici, attività aperte al pubblico. Quando il progetto è necessario, esso va allegato alla dichiarazione di conformità; quando non lo è, l’impresa allega almeno uno schema e la relazione dei materiali. Non è un dettaglio: in caso di contestazioni, la presenza di un progetto firmato e di una DiCo completa e correttamente compilata fa la differenza nella ricostruzione delle responsabilità.
Se la dichiarazione manca o è smarrita
Capita spesso che, in edifici datati, il proprietario non abbia la DiCo perché l’impianto è stato realizzato prima dell’entrata in vigore del DM 37/2008. In questi casi la legge ha previsto la dichiarazione di rispondenza, la “DiRi”, che può essere rilasciata da un professionista iscritto all’albo da almeno cinque anni o, in taluni casi, dal responsabile tecnico di un’impresa abilitata con analoghe caratteristiche, solo per impianti realizzati prima del 27 marzo 2008. La DiRi non è una autoconvalida, ma l’esito di un sopralluogo e di verifiche che attestano che l’impianto risponde alle norme dell’epoca. Non può essere usata per impianti realizzati dopo il 2008, dove l’unica via è reperire la DiCo presso l’installatore o, se l’impresa non esiste più, affidare a un’impresa abilitata le modifiche o gli adeguamenti necessari a rilasciare una nuova dichiarazione per la parte su cui interviene. Nella prassi, se la DiCo è stata smarrita ma l’impresa esiste ancora, si può chiedere un duplicato; l’impresa ha l’obbligo di conservarne copia.
Agibilità, allacci e aumenti di potenza
Oltre ai profili edilizi, la DiCo entra anche nel dialogo con i gestori delle reti. Per nuove costruzioni o unità immobiliari frutto di frazionamento, la richiesta di attivazione della fornitura elettrica viene gestita solo quando sono soddisfatti i requisiti urbanistici e impiantistici; la disponibilità delle dichiarazioni di conformità è spesso verificata in sede di agibilità o di pratiche di allaccio. In caso di aumenti di potenza importanti, soprattutto per usi diversi dal domestico o per attività produttive, il distributore può chiedere dichiarazioni di adeguatezza e documentazione impiantistica aggiornata. Sono richieste nate per assicurare che le reti private siano idonee a sopportare i nuovi carichi in sicurezza e nel rispetto delle norme CEI.
Bonus, incentivi e cessioni del credito
Le agevolazioni fiscali in materia edilizia hanno spinto l’attenzione sulla conformità degli impianti. Per fruire di detrazioni su interventi che coinvolgono l’impianto elettrico, la documentazione a corredo dei lavori deve comprendere anche la DiCo. Nelle pratiche con cessione del credito o sconto in fattura, i controlli documentali da parte di banche ed enti finanziatori richiedono spesso copia delle dichiarazioni rilasciate dalle imprese per gli impianti eseguiti. La mancanza del documento può bloccare la pratica o richiedere integrazioni. Anche per l’installazione di pompe di calore e per il fotovoltaico su tetto, ai fini degli incentivi, la disponibilità della DiCo relativa alle parti elettriche è una costante.
Conclusioni
La dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico è obbligatoria ogni volta che si realizza un impianto nuovo o si interviene in modo sostanziale su uno esistente, in tutti i contesti abitativi, condominiali e lavorativi regolati dal DM 37/2008. Serve per chiudere pratiche edilizie e ottenere l’agibilità, per mettere in servizio impianti nei luoghi di lavoro, per attivare o potenziare forniture, per dimostrare la correttezza tecnica di interventi che godono di agevolazioni fiscali. Non è necessaria per piccole manutenzioni senza alterazioni dei circuiti, ma torna in gioco non appena si cambia l’assetto dell’impianto. Quando manca perché l’impianto è ante 2008, la dichiarazione di rispondenza può colmare il vuoto; quando manca benché dovuta, l’unica strada è intervenire con un’impresa abilitata e riportare l’impianto entro i binari. Conoscere questi confini aiuta proprietari, amministratori, datori di lavoro e tecnici a pianificare lavori e adempimenti, a evitare sorprese in fasi critiche come le compravendite o le SCIA antincendio e, soprattutto, a mantenere al centro ciò che conta: la sicurezza delle persone e delle cose.