Quando si abita in condominio, gli spazi comuni sono quelle parti dell’edificio destinate all’uso di tutti: androne, scale, cortili, corsie di accesso, pianerottoli, giardini, corsie box, area bidoni, locali tecnici e così via. Il codice civile stabilisce che questi beni, salvo diverso titolo, sono di proprietà comune dei condomini e devono essere usati in modo da non impedire agli altri di goderne allo stesso modo.
Il problema nasce quando un condomino decide, di fatto, di trasformare uno spazio comune in una “appendice” del proprio appartamento o del proprio box. Succede con biciclette lasciate permanentemente nell’androne, con passeggini parcheggiati nei pianerottoli, con mobili o scaffali stabili nei corridoi, con auto lasciate sempre davanti all’ingresso, con fioriere e vasi che restringono il passaggio, con materiali e attrezzi accatastati in cantine comuni o vani tecnici. In casi ancora più gravi, qualcuno chiude a chiave una porzione di corridoio, monta cancellate o porta un divisorio, appropriandosi per intero di quella zona.
Non si tratta solo di maleducazione o mancanza di rispetto. L’occupazione illegittima di spazi comuni può violare la legge, il regolamento condominiale e le norme di sicurezza, soprattutto in tema di vie di fuga e prevenzione incendi. Può rendere difficile il passaggio alle persone anziane o con disabilità, può ostacolare interventi urgenti dei soccorsi o creare pericoli oggettivi.
Per affrontare il problema in modo efficace è necessario capire che tipo di occupazione si sta subendo, quanto è grave, da quanto tempo va avanti e se esiste un regolamento condominiale che già disciplina in modo chiaro l’uso di quegli spazi. Da qui parte ogni valutazione successiva.
Indice
- 1 Inquadrare il tipo di spazio e i diritti in gioco
- 2 Valutare gravità e rischi: non tutti i casi sono uguali
- 3 Il dialogo diretto con il vicino: quando e come provarci
- 4 Il ruolo dell’amministratore di condominio
- 5 L’assemblea condominiale come spazio di decisione
- 6 Diffida e azioni legali: quando diventano necessarie
- 7 Aspetti di sicurezza, assicurazioni e responsabilità
- 8 Conclusioni
Inquadrare il tipo di spazio e i diritti in gioco
Non tutti gli spazi “aperti” sono automaticamente comuni e non tutti gli usi sono vietati. Occorre partire da due documenti: il regolamento condominiale e le tabelle millesimali o, ancora prima, il titolo di acquisto. In molti casi il regolamento indica espressamente quali aree sono comuni e come possono essere utilizzate. Può, ad esempio, vietare il deposito di biciclette sulle scale, vietare l’uso dei pianerottoli per lasciare oggetti, disciplinare i posti auto nel cortile, stabilire orari e modalità per il carico e lo scarico.
Se il regolamento è di tipo contrattuale, cioè predisposto dal costruttore e richiamato nei singoli atti di compravendita, le clausole che limitano l’uso delle parti comuni vincolano tutti i condomini fin dall’origine, e non è possibile derogare individualmente, se non modificando il regolamento con le maggioranze previste e nel rispetto della legge. Se invece si tratta di un regolamento assembleare, approvato a maggioranza, le limitazioni devono rispettare il principio che le parti comuni sono a servizio di tutti e non possono sacrificare in modo irragionevole le facoltà dei singoli.
Anche quando il regolamento tace, restano validi i principi generali del codice civile: nessun condomino può servirsi della cosa comune in modo da alterarne la destinazione o da impedire agli altri il pari uso. Questo significa che l’uso deve essere compatibile con i diritti altrui e con la funzione del bene. Un cortile destinato al passaggio non può diventare un parcheggio fisso per l’auto di uno solo, un pianerottolo che è via di fuga non può trasformarsi in un magazzino privato, un corridoio che dà accesso a cantine e box non può essere chiuso da cancelli di proprietà di uno solo.
Capire la destinazione dello spazio e il tipo di uso che ne sta facendo il condomino “invadente” è il primo passo per valutare se ci si trova di fronte a un semplice uso tollerabile, a un abuso lieve ma fastidioso o a una vera e propria appropriazione che richiede un intervento deciso.
Valutare gravità e rischi: non tutti i casi sono uguali
Prima di decidere come reagire, è utile distinguere tra occupazioni che creano soprattutto disagio e occupazioni che creano anche rischi. Una bicicletta appoggiata per qualche ora nell’androne è cosa diversa da una griglia di ferro che chiude un corridoio, o da una fila di mobili che restringono seriamente lo spazio per passare.
Quando l’occupazione è permanente, evidente, comporta difficoltà di passaggio o ostruisce vie di fuga, il problema non è più solo condominiale, ma tocca anche la sicurezza. In caso di incendio, ad esempio, oggetti accatastati in un vano scala possono alimentare le fiamme e ostacolare la fuga; un’auto parcheggiata sempre davanti all’uscita può intralciare l’accesso dei vigili del fuoco; un corridoio stretto da paratie e armadi può rendere difficoltosa l’evacuazione di persone anziane o con mobilità ridotta.
Anche sul piano giuridico, la gravità della situazione incide sulle possibilità di intervento e sulle responsabilità. Un piccolo abuso sporadico si presta più facilmente a una soluzione informale; una situazione pericolosa o di appropriazione vera e propria, invece, può portare a un’azione giudiziaria per far cessare il comportamento e, se del caso, a richieste di risarcimento.
È importante quindi osservare con lucidità: quale zona è occupata, in che misura è ridotta la fruizione da parte degli altri, se ci sono problemi oggettivi di sicurezza, da quanto tempo dura la situazione e se si è aggravata nel tempo. Annotare date, scattare fotografie e raccogliere eventuali testimonianze di altri condomini può rivelarsi utile in seguito, anche solo per spiegare meglio il problema all’amministratore o in assemblea.
Il dialogo diretto con il vicino: quando e come provarci
Prima di passare a strade formali, in molti casi conviene tentare un confronto diretto con il condomino che occupa gli spazi comuni. Un dialogo civile, fatto con calma, può chiarire situazioni nate più per inconsapevolezza che per malafede.
Avvicinarsi al vicino, spiegare perché quello spazio serve a tutti, far presente i possibili rischi, richiamare magari il regolamento condominiale o la necessità di tenere libere le vie di fuga, può portare, non di rado, a un ripensamento. Alcune persone non si rendono conto dell’impatto del loro comportamento finché qualcuno non glielo fa notare in maniera concreta.
È importante, però, evitare toni aggressivi, minacce immediate o accuse personali. Spostare il discorso sul piano dei diritti e doveri comuni, piuttosto che su quello “io contro di te”, aumenta le possibilità di ascolto. Se ci sono altri condomini che hanno lo stesso problema, può essere utile presentarsi insieme, in modo da far capire che il disagio è condiviso, non il capriccio di una sola persona.
Se la persona si mostra disponibile, si può concordare una soluzione: spostare gli oggetti, ridurre l’ingombro, individuare uno spazio più adatto per biciclette o passeggini, rispettare fasce orarie in cui le cose non devono ostacolare il passaggio. Quando, invece, il dialogo fallisce o ci si trova davanti a un rifiuto ostinato, è il momento di coinvolgere la figura dell’amministratore.
Il ruolo dell’amministratore di condominio
L’amministratore è il soggetto che, per legge, ha il compito di far rispettare il regolamento e di curare l’uso corretto delle parti comuni. Quando un condomino segnala un’occupazione abusiva, l’amministratore non può semplicemente ignorare la questione, soprattutto se sono in gioco la sicurezza e la fruizione degli spazi da parte di tutti.
Una volta ricevuta la segnalazione, l’amministratore può effettuare un sopralluogo, verificare di persona la situazione, parlare con il condomino interessato, ricordargli gli obblighi derivanti dal regolamento e dalla legge. Spesso una comunicazione inviata dall’amministratore, magari per iscritto, ha un peso diverso da un semplice richiamo tra vicini.
Se l’occupazione riguarda spazi la cui destinazione è chiaramente disciplinata dal regolamento, l’amministratore può richiamarsi a quelle clausole e, nei casi più ostinati, mettere all’ordine del giorno della prossima assemblea la questione, affinché i condomini possano discutere e, se necessario, deliberare iniziative più incisive, ad esempio l’autorizzazione a diffidare il condomino o a rivolgersi a un legale.
Laddove l’occupazione crei pericoli evidenti (ostruzione di uscite di emergenza, accumulo di materiali infiammabili, impedimento a impianti tecnici), l’amministratore ha un dovere ancora più stringente di intervento, perché è responsabile, nei limiti del suo ruolo, della sicurezza delle parti comuni. In tali casi, può richiedere lo sgombero immediato degli oggetti pericolosi e, in mancanza di collaborazione, avvisare le autorità competenti.
L’assemblea condominiale come spazio di decisione
Quando il problema non si risolve con richiami bonari, l’assemblea condominiale diventa il luogo naturale in cui affrontare la questione. È qui che i condomini, debitamente informati, possono valutare se la situazione è tollerabile o meno, se esistono alternative organizzative e se è il caso di avviare azioni legali.
Mettere l’argomento all’ordine del giorno, descrivere la situazione, mostrare eventuali foto, far parlare chi subisce maggiormente il disagio, permette all’assemblea di maturare una posizione. In alcuni casi si può decidere di modificare o integrare il regolamento, specificando con più chiarezza che certi spazi devono restare liberi o che determinate occupazioni non sono consentite. In altri casi, si può deliberare di incaricare l’amministratore o un avvocato di inviare una diffida formale al condomino che occupa gli spazi comuni.
La delibera assembleare che autorizza azioni a tutela delle parti comuni, se approvata con le maggioranze previste, consente di agire in nome del condominio, sostenendo le spese legali con il fondo comune. In questo modo, il singolo condomino che ha sollevato il problema non deve farsi carico da solo dei costi di un’eventuale causa. Naturalmente, è sempre possibile che, in mancanza di adeguate maggioranze o in presenza di disinteresse degli altri, chi subisce il danno scelga di agire in proprio.
Diffida e azioni legali: quando diventano necessarie
Se i tentativi di soluzione bonaria e gli interventi interni al condominio non sortiscono effetto, può rendersi necessario un passo più formale. In questi casi, spesso si parte da una diffida scritta, firmata dall’avvocato del condominio o del singolo condomino, indirizzata a chi occupa gli spazi comuni.
La diffida descrive il comportamento contestato, richiama le norme violante (regolamento, codice civile, eventuali disposizioni sulla sicurezza) e invita il destinatario a cessare l’occupazione, ripristinando lo stato dei luoghi entro un certo termine. Contiene di solito anche l’avvertimento che, in caso di mancato adeguamento, si procederà giudizialmente per ottenere un ordine del giudice e il risarcimento di eventuali danni.
Se la situazione persiste, la strada successiva è l’azione in tribunale. Il condominio o il singolo condomino possono chiedere al giudice di accertare l’illegittimità dell’occupazione e di ordinare al condomino di liberare lo spazio comune, eventualmente con condanna al ripristino e al risarcimento. Nei casi in cui l’occupazione crei un pericolo attuale e serio, si può valutare anche il ricorso a provvedimenti urgenti, che consentono al giudice di intervenire in tempi più rapidi.
La decisione di intraprendere una causa non va presa alla leggera: comporta tempi, costi e un ulteriore peggioramento dei rapporti di vicinato. Tuttavia, quando la situazione è grave, dura da tempo e incide in modo pesante sui diritti e sulla sicurezza, può essere l’unico strumento effettivo per ristabilire la legalità.
Aspetti di sicurezza, assicurazioni e responsabilità
L’occupazione abusiva di spazi comuni non ha solo riflessi sui rapporti tra condomini, ma anche sulle responsabilità in caso di incidente. Se, ad esempio, qualcuno inciampa su un oggetto lasciato in un corridoio buio e si fa male, se un ostacolo in un vano scala contribuisce a peggiorare le conseguenze di una caduta, se un ingombro ostacola i soccorsi, la questione di chi risponde dei danni diventa delicata.
In linea di massima, chi introduce e lascia un ostacolo in uno spazio comune in violazione di norme e regolamento può essere chiamato a rispondere dei danni che ne derivano, in concorso con l’eventuale responsabilità del condominio se non ha vigilato o non è intervenuto pur essendo a conoscenza della situazione. Anche le compagnie assicurative condominiali, in caso di sinistro, valutano con attenzione le circostanze, e un’occupazione palesemente illecita può complicare la gestione del risarcimento.
Per questo è interesse di tutti, anche di chi occupa abusivamente, riportare gli spazi comuni a una condizione di ordine e sicurezza. A volte far comprendere che, in caso di incidente, potrebbero esserci conseguenze economiche e giuridiche concrete aiuta a far prendere consapevolezza della gravità del comportamento.
Conclusioni
Indipendentemente dalla singola lite, la vera tutela passa da una buona organizzazione condominiale. Un regolamento chiaro, spiegato e distribuito ai nuovi arrivati, riduce i margini di interpretazione. Spazi appositi per biciclette, passeggini o motorini, se fisicamente possibili, permettono di rispondere a esigenze reali senza sacrificare le parti comuni.
Creare una cultura di rispetto reciproco, magari parlando di questi temi in assemblea non solo quando scoppia il problema, aiuta a prevenire comportamenti invasivi. Sapere in anticipo che gli spazi comuni non sono un’estensione del proprio appartamento, ma un patrimonio condiviso, può cambiare l’atteggiamento di molte persone.
Anche l’esempio conta: se tutti tengono in ordine, evitano di lasciare oggetti in giro e rispettano le regole, chi si comporta diversamente risulta più isolato e fa più fatica a giustificare le proprie occupazioni. Viceversa, se si tollerano piccoli abusi ovunque, diventa difficile contestare quello più grande.
In conclusione, quando un condomino occupa spazi comuni non si è di fronte a una semplice seccatura, ma a un problema che tocca diritti, sicurezza e convivenza. Affrontarlo con calma, partendo dal dialogo e passando, se necessario, per gli strumenti offerti dal condominio e dalla legge, permette nella maggior parte dei casi di trovare un equilibrio tra interessi diversi e di riportare le parti comuni alla loro vera funzione: quella di essere a servizio di tutti, e di nessuno in particolare.